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RSA: oggi è un cattivo affare

I dati post pandemia nelle Rsa sono assai preoccupanti: siamo pronti ad affidare i nostri cari dopo aver visto che in soli quattro mesi il 40% dei decessi avvenuto nelle Rsa è attribuibile al Covid?

L’elenco di cosa è andato storto durante la prima ondata, lo abbiamo visto, è lungo: mancanza di dispositivi di protezione individuale, impreparazione sulle procedure da svolgere per contenere l’infezione, assenza di personale sanitario qualificato, difficoltà nel trasferire i residenti infetti in strutture ospedaliere, impossibilità di far eseguire i tamponi.

Consideriamo anche che possediamo il tasso di posti letto più basso d’Europa e consideriamo anche che siamo il Paese più anziano d’Europa e dove si campa più a lungo. Gli over 80 sono 4,4 milioni, di cui 2,2 sopra gli 84. In prospettiva tra 10 anni ci saranno quasi 800 mila ultra 80enni in più, che diventeranno quasi 8 milioni nel 2050. Ebbene rispetto al resto d’Europa abbiamo 18,6 posti letto ogni 1.000 anziani, contro una media di 43,8. Dopo di noi Lettonia, Polonia, Grecia.

In rapporto alla popolazione over 80 dovremmo avere oltre 600 mila posti letto. Qual è invece l’offerta? Ci sono all’incirca 200 mila posti letto accreditati, di cui 160 mila occupati da non autosufficienti. Altri 50 mila posti sono disponibili in strutture private dove il costo è totalmente a carico dell’ospite. La degenza media è di 12 mesi: si porta la persona anziana nella casa di riposo quando e non è proprio più possibile gestirla a casa con la badante convivente. Da notare che 1,6 milioni di anziani prendono l’assegno di accompagnamento, molti lo utilizzano per pagare la badante e 600 mila sono irregolari.

E ancora: quanto costerà la retta mensile? Dipende dal grado di autosufficienza e va dai 2.400 agli oltre 4.000 euro, a seconda delle Regioni. Il finanziamento pubblico di norma copre la metà del costo e l’altra metà è a carico dell’ospite, ma anche qui entrambe le voci variano a seconda delle Regioni. Insomma: basta Rsa, occorre puntare sull’assistenza domiciliare!

Nuova legge anziani non autosufficienti badanti

Il dibattito di questi giorni nasce soprattutto dal fatto che tali strutture, pensate per offrire una vita protetta a persone fragili, si sono rivelate contesti che hanno favorito la diffusione dell’epidemia tra le persone da proteggere come pure tra il personale dedicato alla loro all’assistenza. La pandemia ha insomma mostrato tutte le fragilità del caso: la  mancanza di protocolli atti a fronteggiare la diffusione di un virus associata alla mancanza di Dispositivi di Protezione hanno contribuito fortemente a gettare ansie e paure su queste strutture. Inoltre è molto difficile garantire il distanziamento fisico in luoghi dove vi sono tante persone che hanno bisogno di assistenza personale ripetutamente e durante l’intera giornata. Si aggiunga a questo la rotazione del personale (inevitabile se non con un aggravio di costi per le strutture) che agisce come potente fattore di rischio per la diffusione di un’epidemia. Infine si tratta di luoghi pensati nella maggior parte dei casi per avere almeno due persone per stanza e che difficilmente possono rapidamente riconvertirsi in strutture che garantiscano un’efficace isolamento in caso di necessità.

L’inadeguatezza di questa soluzione, anche sul piano economico, in termini di costi per le Regioni, gli utenti ed i Comuni, è sotto gli occhi di tutti.

Viviamo un periodo in cui è forse giunta l’ora di concedere e soffermare una ricca riflessione sulla domiciliarità come luogo della cura e della protezione. C’è bisogno di valutare accuratamente ciò che è meglio per i nostri cari e ponderare con responsabilità e buon senso ogni possibile ripercussione che le nostre scelte genereranno.

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