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Badanti Ucraina, i Cavilli Burocratici Italiani

La lentezza della burocrazia italiana, da un lato.

La guerra, dall’altro.

In mezzo, da un mese, ci sono quasi 20mila lavoratrici ucraine che ancora aspettano il permesso di soggiorno dalla sanatoria dell’estate 2020.

Molte sono badanti assunte dalle famiglie italiane, che vorrebbero uscire dall’Italia per raggiungere figli e parenti in fuga dalle bombe russe e portarli in un posto sicuro.

Ma la norma prevede che non possano lasciare l’Italia fino alla completa risoluzione della pratica.

Pena, il rigetto della richiesta di regolarizzazione.

Tante lavoratrici ucraine però sono rimaste bloccate in Italia.

Incastrate in una situazione kafkiana, in preda all’angoscia per i familiari in pericolo.

Come Veronica, colf ucraina a Milano, che ha lasciato nel suo Paese una figlia di sei anni. I nonni non hanno intenzione di lasciare l’Ucraina, ma si sono offerti di accompagnare la bambina al confine con la Polonia. Peccato, però, che per Veronica partire e uscire dall’Italia significherebbe rinunciare al permesso di soggiorno, dopo quasi due anni di attesa.

«Stiamo ricevendo segnalazioni da parte di cittadini ucraini che nel 2020 hanno presentato domanda di regolarizzazione, impossibilitati a uscire dall’Italia per ricongiungersi ai figli e ai parenti che scappano dalla guerra», ha spiegato qualche settimana fa Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, l’Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico.

«Il rischio è che chi è ancora in attesa del permesso di soggiorno, ovvero la maggior parte considerato l’estremo ritardo con cui sta procedendo l’iter, si veda rigettare la pratica. Dopo quasi due anni di attesa sarebbe davvero inconcepibile, soprattutto ora che molti di loro stanno vivendo un’emergenza umanitaria».

Il problema, in ogni caso, riguarda anche le lavoratrici che hanno chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno e sono in possesso del cosiddetto “cedolino”.

Che permette sì di uscire dall’Italia, ma per andare e tornare direttamente dal proprio Paese, senza tappe intermedie in altri Paesi. Cosa che non è possibile per gli ucraini che oggi raggiungono i familiari in fuga dalla guerra ai confini polacchi, rumeni o moldavi.
Ora tutti sperano in una moratoria nel prossimo dpcm atteso a giorni.

O meglio ancora, di ottenere finalmente il dovuto via libera alla richiesta di regolarizzazione fatta nel 2020.

 

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