Trama badante convivente

Il trauma delle badanti

E’ constatato essere troppo superficiale il giudizio (ed il pregiudizio) dei più nei confronti delle badanti, troppo spesso confuse con figure di compagnia, nonché malignamente sogguardate come cacciatrici di doti pensionistiche.

Insomma: l’immaginario che sta dietro le badanti è dominato da una cattiva impressione.

In realtà il concetto è estremamente diverso: i dati acquisiti attraverso le interviste hanno mostrato come più del 40% delle badanti assiste un anziano sino al termine della sua vita, dunque assistendo in prima persona, in quasi la metà dei casi, ad una morte. Nel 25% dei casi le badanti superano i 10 anni di assistenza, cioè, si ritrovano ad assistere sino alla morte una persona con la quale hanno convissuto per più di dieci anni, diventando a tutti gli effetti una vera e propria persona di famiglia.

Le badanti conviventi intervistate hanno confessato come, subito dopo morte della persona anziana si siano trovate in una condizione depressiva, volendo abbandonare persino la professione.

La morte della persona assistita è psicologicamente assimilata come un trauma a tutti gli effetti; è un lutto che va metabolizzato e analizzato; per di più il sentimento di smarrimento è sempre più crescente poiché a morire non è solo una persona con la quale, volendo o nolendo, si è trascorso un pezzo di vita, ma è anche la morte del proprio posto di lavoro.

Insomma, emotivamente è un impatto durissimo da sorreggere, è come perdere in un colpo solo un proprio caro e il proprio lavoro, dando il via ad una serie di pensieri negativi che non fanno che debilitare psicologicamente la persona, inducendola persino all’abbandono della professione.

Molte volte la badante non sente più il bisogno di esercitare oltre la propria professione poiché, in cuor suo, scatta un meccanismo “amoroso” per il quale andare a lavorare o continuare a lavorare significherebbe “tradire” la persona che si assisteva prima, quasi come se fosse dominata da uno spettro dell’esclusività.

L’altra faccia della medaglia invece rappresentata da una serie di badanti che, esercitando questa professione puntando meramente ad uno scopo economico, non investe alcuna emozione nelle mansioni che svolge – sebbene siano anche impeccabili. Ciò permette di essere molto più elastici e molto più disposti ad accogliere ogni tipo di dispiacere, per il semplice fatto che non dispiace, e che la morte dell’assistito non implica smarrimento, ma fatica nel ricercarne un altro – a prescindere da chi.

Tra queste due categorie sarebbe bene trovare una via di mezzo: la badante non deve essere un’amica o una simil-figlia, né tantomeno un automa, un persona asettica che si aggiri per casa. E’ sempre il giusto mezzo a far si che qualcosa funzioni bene.

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