I diritti violati nelle RSA
Dall’inizio della pandemia in Italia sono morte 65.000 persone e secondo la ricerca di Amnesty International non si è trattato di scandali isolati, ma di errori sistematici a causa di una gestione frammentaria, di protocolli insufficienti, carenza di personale e mancanza di trasparenza che hanno messo a dura prova la vita di migliaia di persone anziane. Ma quali diritti sarebbero stati violati?
- Il diritto alla vita
- Il diritto alla salute
- Il diritto alla non discriminazione
- Il diritto a non subire trattamenti degradanti
- Il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Abbiamo già detto cosa è successo in queste strutture, ma abbiamo parlato poco del fatto che c’è stata una vera e propria violazione dei diritti umani, di chi è la responsabilità? Del Governo? Delle Rsa? Di chi le ha gestite?
È difficile dirlo, perché il quadro è frammentato e soprattutto durante il periodo della pandemia sono state emanate linee guida nazionali diverse da quelle regionali, per non parlare del fatto che quasi sempre c’è stata una scarsa comunicazione tra le amministrazioni e le strutture. I protocolli cambiano da struttura a struttura e ancora non esiste una procedura chiara per quanto riguarda lo svolgimento regolare dei tamponi nelle RSA, mancano quei dati necessari per fare chiarezza, quelli sulle ispezioni e sui trasferimenti di pazienti da ospedali e RSA e viceversa. Il settore sociosanitario è infatti afflitto da problemi strutturali e il Covid-19 li ha fatti emergere passo dopo passo, mettendo a rischio i nostri cari e il personale quotidianamente a contatto con loro. Tutti rischi che potevano evitarsi con una maggiore organizzazione, con il buon senso e con maggior senso di responsabilità; il tutto sostituito invece dai pochi controlli e dalla scarsa comunicazione.
L’assenza di direttive chiare ha infatti avuto forti ripercussioni sui controlli, in alcuni casi puramente formali o del tutto mancanti: su questa scia le Rsa sono diventate generatori di pericoli e diffusori del virus, gettando nel panico e nella incertezza più totale i familiari dei diretti interessati di cui abbiamo spesso parlato facendo riferimento ad episodi strani e improbabili.
Le RSA, inoltre, sono state chiuse solo a metà marzo, mentre per gli ospedali lo stop è arrivato il 22 febbraio e ancora oggi, dopo nove mesi, non esiste un protocollo chiaro per regolarizzare le visite, considerando che tutto ciò ha provocato danni alla salute fisica e mentale degli anziani, soprattutto di quelli affetti da Alzheimer e demenze che in alcune occasioni non hanno neppure riconosciuto i propri cari, risultando in condizioni completamente diverse rispetto al periodo “pre-pandemico”.
Amnesty ha chiesto infatti un’inchiesta pubblica e indipendente per attribuire le responsabilità ed esaminare gli errori: si tratta di questioni assai delicate, centrali per il nostro Paese, soprattutto se entrano in gioco i diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dalla nostra Carta Costituzionale e facenti parte di quel nucleo essenziale della persona. Serve, pertanto, un esame globale in tempi brevi, in modo da indirizzare le decisioni e iniziare una campagna sul diritto alla salute.
Secondo Gianni Rufini, direttore di Amnesty International Italia, si sarebbero fatte delle scelte che hanno visto la vita solo in termini economici, ci si è preoccupati solo degli aspetti economico finanziari e meno di quelli sociali. Ma, sottolinea il direttore, “Il valore di una vita non si misura solo sulla base della sua aspettativa, del suo contributo economico alla società”: una dichiarazione che sembra voler rispondere alle polemiche di cui gli anziani sono stati protagonisti in questi mesi e che finalmente sottolinea la centralità di un valore così essenziale.
E’ come se ci si fosse rassegnati all’idea che “alcune” persone anziane dovessero morire, è come se una cospicua porzione di quella fetta chiamata “Rsa” dovesse essere travolta da questa inefficienza, da questa disorganizzazione e da questa noncuranza. Insomma: in un Paese democratico come il nostro un discorso di questo tenore deve essere categoricamente escluso. Anche i dati, del resto, li abbiamo trovati in altri paesi europei, non in Italia, generando così un sistema non trasparente che impedisce decisioni mirate e nell’ottica di una efficiente azione sanitaria pubblica.
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