INtervista alla badante

Intervista alla Badante: Lidia

(I nomi delle persone citate in questa intervista sono frutto della fantasia, per tutelare la privacy delle persone intervistate. L’intervista è stata effettuata da un membro del nostro team, presso l’abitazione ove svolge le sue mansioni una badante, che in questo caso abbiamo chiamato Lidia)

AES: Ciao Lidia! Innanzitutto: grazie!

Lidia: E di cosa?

AES: Grazie per averci ospitati oggi qui con te.

Lidia: Ma a grazie a voi per aver rallegrato questa giornata!

AES: Iniziamo subito, ti va?

Lidia: Va bene. Ma prima fatemi chiedere una cosa.

AES: Di’ pure.

Lidia: Questa intervista viene pubblicata?

AES: Certo!

Lidia: Perché se viene pubblicata e può essere utile a tutte le altre badanti cercherò di essere il più chiara possibile.

AES: Ma soprattutto vogliamo che tu sia il più sincera possibile.

Lidia: Va bene!

AES: Allora: hai detto “grazie a voi per aver rallegrato questa giornata”, perché? Era una giornata triste o di solito passi delle giornate tristi?

Lidia: No, io e la signora Franca andiamo molto d’accordo e le nostre giornate sono piene di risate. Però…

AES: Però…

Lidia: E’ una cosa brutta che forse non dovrei dire, ma pochi vengono a trovare la signora Franca, eppure è una persona bellissima, mi racconta un sacco di cose, ed anzi mi insegna tantissime cose come ad esempio, proprio ieri mi ha insegnato a capire che tempo farà il giorno dopo guardando le piante.

AES: Oddio! Questa non l’avevo mai sentita!

Lidia: Si: praticamente se te guardi bene il colore del terriccio che sta alla base di un piccolo vaso, di una pianticella potrai vedere che tipo di giornata ci sarà domani.

AES: Eh ritorniamo sul discorso della solitudine: come mai nessuno viene a trovare la signora Franca.

Lidia: Veramente io questo non lo so. La famiglia è molto impegnata. I suoi due figli: Federico e Lara, non vivono qui ma in un’altra città, e solo quando possono passano a salutare la signora.

AES: Quindi tu sei una badante convivente?

Lidia: Si, esattamente: io sono badante convivente. Regolarmente assunta con contratto tramite un’agenzia per badanti. Io sono tutto a posta.

AES: Eh! Hai mai lavorato a nero?

Lidia: Oh si. Per tantissimi anni. Ma ero giovane, e non conoscevo né leggi, né diritti né tutele, avevo solo bisogno di soldi ed ero disposta a fare qualsiasi lavoro.

AES: Quindi diciamo che non è stata una vocazione fare la badante.

Lidia: Per niente. Mi è capitato per caso!

AES: Raccontaci un po’ com’è andata.

Lidia: Beh, io vivevo in periferia e fino a trent’anni non avevo fatto niente; vivevo a casa dei miei genitori – anzi di mia madre, perché mio padre ci aveva lasciati quando io avevo solo 3 anni. E nonostante una situazione familiare non del tutto florea e bella, ho trascorso 30 anni in una casa, tra divano, pc, e seratine sceme con gli amici. Poi che è successo? Che tutti i miei amici: chi è andato via, chi è andato a studiare altrove e non è mai più tornato, chi si è sposato; e praticamente io sono rimasta sola, e senza un mestiere in mano, nonché senza alcun marito. E poi, se devo dirla tutta, la maggior parte delle mie amiche si sposò per avere qualcuno che le mantenesse e continuassero a non fare niente.

AES: Insomma, come te ne sei uscita da questo limbo?

Lidia: Nel modo più tragico possibile: con la morte di mia madre. Io non ho né fratelli né sorelle; sono cresciuta in una periferia malfamata, e per di più, con una casa in affitto. Mia madre era maestra elementare e con la sua pensione pagavamo l’affitto. Io non so perché – e quasi mi maledico per tutto questo – non volli imparare un mestiere, non volli studiare, non volli far nulla. E con nulla mi sono ritrovata.

AES: Il passato remoto è un tempo che ti piace, noto!

Lidia: Eh beh mi’ madre era fissata co’ ‘sti verbi. E gliene devo rendere grazie, perché almeno se una cosa la so fare bene, cioè parlare e scrivere lo devo a lei. Dicevo che me ne sono uscita da quel limbo, quando non sapevo più come pagarmi l’affitto. Sinceramente, scusami, ma non mi va di parlare di mia madre, né di descrivere le circostanze in cui è venuta a mancare.

AES: Figurati! Questa è la tua intervista e sei libera di dire quello che vuoi e che senti più opportuno esprimere. Non preoccuparti. Continua…

Lidia: Ecco! Mia madre morì ed io non avevo un soldo. Inizialmente mi arrangiai con dei lavoretti nei negozietti vicino casa: ma a malapena riuscivo a permettermi un affitto. Io non volevo abbandonare la casa in cui ero cresciuta da trent’anni, e poi in un modo vergognoso: per soldi. Era come se tradissi mia madre una seconda volta.

AES: Insomma: tu volevi restare lì, e non sapevi come fare.

Lidia: Bravo! E una mattina, proprio in un negozietto sotto casa, s’è presentata la Signora Franca che si lamentava col mio datore di lavoro, del fatto che era venuto il momento per lei di trovarsi una “badante”. Io la vedevo spesso, e spesso la sentivo parlare col mio datore di lavoro perché erano amici d’infanzia. Ad un certo punto, Ernesto, il mio datore, indicò me e al contempo mi fece l’occhiolino come per farmi capire che ciò che stava facendo non solo stesse riguardando me, ma che fosse un aiuto improvviso capitato come una pioggia d’estate.

AES: E poi?

Lidia: E poi, capiscimi, mi disse se avevo avuto già esperienze eccetera eccetera.

AES: E tu?

Lidia: Le dissi che ero la più brava badante der monno!

AES: Ahahahaha!

Lidia: Ahahahaha!

AES: E poi?

Lidia: E poi iniziai un periodo di prova. All’inizio non sapevo fare niente, e infatti, devo dirti la verità, penso che l’abbia capito subito. E penso pure che non mi abbia mandato via perché Ernesto mi ci aveva raccomandato per bene. All’inizio sembrava che fossi io ad essere badata da lei, e non viceversa; all’inizio, mi ricordo, che mi insegnò a fare le punture: prima sui cuscini, poi a lei: si fidò subito di me. Mi diceva sempre che io ero una ragazza che per essere sincera avevo bisogno di dire qualche bugia. Che cosa significasse quella frase ancora oggi me lo chiedo. E piano piano; senza accorgermene, sono passati 15 anni. Avevo 30 anni esatti quando sono entrata in questa casa – che poi è a 200mt da casa mia, dalla casa in cui vivevo con mia madre. Eppure sembra non siano passati.

AES: Insomma una dilettante allo sbaraglio che, però, è riuscita nel suo intento.

Lidia: Sì, all’inizio fu spudoratamente per soldi: poi, negli anni, ho assunto una deontologia, degli orari precisi, delle mansioni da rispettare; ed infine, l’ultima cosa: la messa in regola!

AES: Infatti! Tu mi hai parlato che hai lavorato a nero e che adesso sei in regola; come è avvenuto questo passaggio?

Lidia: E’ avvenuto semplicemente: una mattina ero fuori a fare la spesa per la Signora Franca e dinnanzi al bancone dei salumi ho sentito dire a una ragazza, più o meno della mia età, che non le era rimasto niente in mano dopo tanti anni di sacrifici, che ora si ritrovava con tantissimo lavoro svolto, e con riconosciuto pochissimo; che la pensione non le si sarebbe maturata mai. Insomma una serie di discorsi a cui mai il mio pensiero si era soffermato, tanto ero ormai assuefatta da quella situazione di benessere: casa, una signora che mi paga e mi vuole bene, a cui voglio bene: che voglio di più? Ecco! Questo avrei dovuto volere. Allora parlai con i figli della signora, ma non potendosi occupare della trafila burocratica, mi assunse un’agenzia che a sua volta mi assegnò alla signora così, ripristinammo – sebbene con dieci anni di ritardo – questo buco.

AES: Lidia la tua sincerità, la tua franchezza, ci hanno rapito: grazie, grazie, grazie!

Lidia: Grazie a voi di AES per avermi dato la possibilità di descrivere una realtà che c’è, di cui nessuno parla; e soprattutto per avermi dato la possibilità di parlare anche di me, in quanto persona e non solo badante; grazie per avermi dato la possibilità di ricordare mia madre a cui va tutto il mio bene.

AES: Grazie.