Intervista a una badante

Intervista alla badante: Eva

INDICE:

(Per tutelare la riservatezza dell’identità della persona con cui un membro del nostro team ha compiuto questa intervista sulla vita quotidiana, sulle impressioni, e sulla professione della badante, utilizzeremo il nome fittizio di Eva.)

AES: Ciao Eva, grazie per averci accolto questo pomeriggio.

Eva: Grazie a voi.

Perché la professione di badante?

AES: Come sempre iniziamo da una domanda: perché hai scelto questa professione, quella della badante e non un’altra?

Eva: Bhé io non l’ho scelta, diciamo che è stata più la professione della badante a scegliermi.

AES: In che senso?

Eva: Io non volevo fare la badante, non era un mestiere che pensavo fossi adatta a svolgere, anche perché sin da ragazza mi piaceva qualcosa di diverso che era la cucina professionale. Sin dall’età di 10-11 anni andai a lavorare in una cucina di un ristorante del mio paese. Cambiai più ristoranti, riuscii ad entrare nelle cucine dei migliori sino ad arrivare a cucinare per le tavole dei ristoranti a 4 stelle!

AES: E come mai questo cambiamento radicale? Cioè: dall’essere cuoca alla badante.

Eva: Il cambiamento è stato forzato perché a causa di un incidente in cucina, maneggiando un coltello, mi tagliai profondamente sino a ferire i tendini. Questo mi portò a stare ferma per mesi, e poi per anni, e nel frattempo – si sa – è facilissimo farsi dimenticare.

professione badante lavoro cucina

AES: Caspita dev’essere stato brutto allora accontentarsi di ciò. Ma guadagnavi facendo la cuoca?

Eva: Assolutamente si. Pensa che oltre a pagare un affitto di un appartamento tutto per me, comprai persino due auto! Una per il lavoro ed un’altra per uscirci.

AES: E poi?

Eva: Mi viene da piangere solo al pensiero. Dovetti vendere le mie auto, cedere la casa, e con i risparmi che mi erano rimasti ed i soldi delle auto rivendute venni in Italia.

Il lavoro di badante in Italia

AES: Perché hai scelto l’Italia?

Eva: Sembra strano ma venni in Italia circa quando avevo 25 anni: mi piaceva la cucina italiana, e volevo esplorarla, assaporarla, studiarla. Venni con una mia amica, lei restò per una settimana, io invece trascorsi un mese qui!

AES: E come facevi con il ristorante?

Eva: Dicevo che appena fossi tornata, avrei cucinato “la cucina italiana”. E sai era molto importante in una cucina d’Hotel poter trovare, magari turisti italiani, scritto sul menù “Carbonara”, “Coda alla Vaccinara”…

AES: Da come parli credo che la tua permanenza fu a Roma

Eva: Si, esatto! Ho una nostalgia pazzesca di quei giorni così pieni di speranza, e di sogni. Adesso, invece, se mi rivedo, faccio una vita del tutto opposta.

AES: Ma perché scegliesti di fare la badante?

Eva: Perché parlando con le persone anziane nei mercati che iniziai a frequentare capii che molta gente avesse bisogno di qualcuno che cucinasse per loro, ed io, sebbene non sia più in grado di sostenere i ritmi di una cucina di Hotel, me la cavo bene nella cucina di una casa.

AES: Ma fare la badante non significa fare la “cuoca domestica”…

Eva: No, infatti. Diciamo che questo è, ed è stato il mio punto forte, poi ho dovuto imparare il mestiere, cosa significasse stare accanto ad una persona affetta da malattie gravi come il Parkinson (badante Parkinson)

Il lavoro di badante e la difficoltà della lingua

AES: Avesti difficoltà con la lingua italiana?

Eva: No, anzi! Già nel mio paese mi divertivo a parlare italiano, grazie alle telenovela che trasmettevano, alla musica italiana di cui mio padre andava matto: Toto Cutugno! Non me la posso mai dimenticare la voce di mio padre che canta davanti allo specchio mentre si fa la barba…

Lo stipendio di badante, quanto guadagna Eva?

AES: Tornando a noi. Adesso quanto guadagni?

Eva: Poco meno di 700 euro. Grazie a Dio mangio a casa della persona a cui bado.

AES: Ce ne vuoi parlare…

Eva: No. Preferisco di no. So che è suscettibile e non le piacerebbe sapere che ho parlato di lei.

Ti piace fare la badante?

AES: Va bene. Allora ti voglio chiedere un’altra cosa: ti piace fare la badante?

Eva: Sinceramente? No. Non mi piace per niente, lo faccio solo per soldi. Solo ed esclusivamente per soldi. Mi dicono pure che sono brava, che sono affettuosa, e che ormai ho preso il mestiere, ma non mi sento una badante.

AES: Da quant’è che lo fai?

Eva: Da 12 anni.

AES: Sei sempre stata presso questa persona dove sei ora?

Eva: No. Qui da 2 anni. E prima ancora da altre due famiglie.

AES: Di solito quando viene scelta una badante difficilmente la famiglia decide di cambiare; come mai, tu, invece, hai fatto tutti questi cambiamenti.

Eva: La prima famiglia mi licenziò subito: dopo circa 6 mesi.

AES: Ti licenzio? Quindi fece un contratto?

Eva: No! Nessun contratto. Mi licenziò perché purtroppo io non ero abituata a far fronte ad anziani che avessero patologie gravi come l’Alzheimer (badante Alzheimer); non sapevo come comportarmi. Entravo in panico. Ero giovane, e da poco in Italia. Non conoscevo le tecniche, né i pericoli che queste malattie fanno correre a chi ne è affetto. 

AES: Sai che hai rischiato molto facendo questo?

Eva: Si, lo so. Ma dentro di me…

Il rischio di spacciarsi per badante professionista

AES: Scusami se ti interrompo, ma voglio che tu capisca quanto sia grave spacciarsi per una badante professionista; quanto sia grave e dannoso soprattutto per l’anziano…

Eva: Lo so, ed infatti me ne pento ancora oggi. Non avrei mai dovuto accettare. Dovevo avere l’umiltà di dire di no. Purtroppo il bisogno fa fare cose che non si vorrebbero fare.

AES: E adesso? Come può fidarsi una famiglia di te?

Eva: La seconda famiglia dove sono stata mi accolse benissimo, e stetti lì per otto anni, accanto al Signor Fabio – era un professore di lettere antiche e diceva che da giovane faceva l’attore: parlava benissimo. Io stavo ore a sentirlo parlare!

L’aiuto dell’agenzia badanti

AES: Eva, tu mi sembra che ti perda nei ricordi a volte! Dimmi: presso questa famiglia andò meglio?

Eva: Si. Mi rivolsi ad un’agenzia badanti, che mi preparò per mesi a fare la badante, a far fronte alle evenienze, a prendere dimestichezza sulle mie mansioni, su quali erano i miei compiti! Prima di quella esperienza mi presentavo come badante e poi finivo per lavare le scale di casa! Non sapendo davvero quali fossero i miei compiti! (diritti e doveri della badante) Grazie all’agenzia sono stata … educata… al mestiere della badante.

L’aspetto emotivo nel rapporto di lavoro tra badante ed anziano

AES: Ci parlavi del Signor Fabio…

Eva: Si. Era un uomo incredibile. L’ho amato come un padre. Quando ci ha lasciati ho sentito un vuoto incolmabile dentro di me. Non uscii di casa per una settimana. Mi sentivo persa, inutile, stavo sul letto e mi chiedevo: “e adesso, a che servo io?”. E’ stato bruttissimo.

AES: Raccontaci questa sensazione: cosa significa per una badante perdere la persona a cui bada?

Eva: Per quanto mi riguarda è stato un lutto che ho sentito mio. Dopo aver vissuto H24 con una persona per circa sette anni è davvero dura credere che la mattina dopo la sua morte non ci sia più per davvero. Continuavo ad andare a casa sua, perché mi sentivo a mio agio, mi sembrava che stando lì fosse vivo, ma poi h capito che niente poteva tornare più come prima.

AES: Ci sembra quasi che tu non voglia parlare della persona a cui stai badando adesso per paura di parlarne bene…

Eva: Non ho capito…

AES: Hai paura di affezionarti alle persone a cui fai da badante, come adesso presso questa persona a cui badi?

Eva: … (imbarazzata) … Si, hai capito perfettamente. Bravissimo. Ho paura di affezionarmi troppo.

AES: Ma guarda che non è qualcosa di brutto, anzi: ti fa onore… Vuol dire che non fai questo, come hai iniziato a farlo agli inizi, “solo per soldi”…

Eva: Certo i soldi sono importanti. A me questo lavoro non è che mi piaccia. Però dopo che si trascorre del tempo insieme è difficile dimenticare e fare finta che non sia successo niente…

AES: Quello della badante non è solo un lavoro…

Eva: Bravo. E’ di più, è una cosa che ti prende tempo e pure vita.

AES: Oggi cosa hai cucinato di buono?

Eva: La Signora Elena – è così che si chiama – non può mangiare cibi troppo pesanti, né troppo salati, le ho preparato un po’ di riso con minestrone…

AES: Il piatto ideale da servire in un ristorante a 4 stelle!!

Eva: Ehy! Non ci scherzare: come lo faccio io il minestrone non lo fa nessuno.

AES: Allora aspettiamo il tuo invito.

Eva: Quando volete: sapete dove sono e come trovarmi.

AES: Grazie Eva, sei stata molto gentile, e ci è piaciuto parlare con te, tanto…

Eva: Anche a me; ho vissuto un po’ di ricordi insieme a voi. Grazie a voi.