Sempre più vertenze da badanti: come difendersi
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Negli ultimi anni sono sempre di più le vertenze portate avanti dalle badanti nei confronti dei datori di lavoro. Si tratta di situazioni in cui le famiglie rischiano di pagare molti soldi, per questo motivo è importante sapere come comportarsi e cosa fare per difendersi adeguatamente.
Il termine “vertenza di lavoro” indica in modo generico un contenzioso in materia di lavoro, ossia tra lavoratore e datore, o committente.
In sostanza, il lavoratore apre una contestazione nei confronti del datore di lavoro innanzi a un sindacato (o a un diverso organismo competente): il contenzioso si risolve se, a seguito dell’incontro tra le parti, si trova un accordo. Se non si perviene ad un compromesso, il lavoratore può decidere di rivolgersi in seguito all’autorità giudiziaria.
In questo articolo vedremo quali sono le principali cause per le badanti possono presentare una vertenza nei confronti dei datori di lavoro e cosa possono fare le famiglie per difendersi.
Quando la badante può denunciare il datore di lavoro?
Secondo quanto previsto dalla legge, la badante (che sia badante convivente o badante a ore) può denunciare i propri datori di lavoro, sia in presenza di regolare contratto di assunzione, sia senza contratto, nei seguenti casi:
- per assunzione irregolare e in nero, secondo la legge, infatti, la badante convivente non assunta in maniera regolare ha cinque anni di tempo per denunciare il datore di lavoro;
- per abusi e violenze;
- per mancato regolare pagamento dello stipendio come da contratto previsti;
- per mancato rispetto di riposi o ferie;
- per rifiuto e mancato riconoscimento di permessi, malattia o infortunio;
- per obbligo di lavorare anche oltre l’orario di lavoro stabilito da contratto senza pagamento degli straordinari;
- per licenziamento senza preavviso, come da contratto previsto.
Nei casi appena riportati la badante convivente può fare una denuncia nei confronti dei datori di lavoro che non rispettano la lavoratrice e presentare anche una vertenza sindacale, per il riconoscimento dei diritti previsti da contratto badante.
La badante in nero fa causa alla famiglia
Se una badante ad ore che lavora in nero annuncia una vertenza, per difendersi il datore di lavoro dovrebbe immediatamente procedere alla regolare assunzione della lavoratrice, in modo da ‘mettersi al riparo’, stipulando un regolare contratto per badanti e badanti conviventi e non correre rischi di alcuna sanzione
Il datore di lavoro sa bene che una vera e propria causa in tribunale una badante non potrà mai avviarla, per via degli elevati costi che potrebbe comportare, quindi il consiglio è quello di avviare una trattativa con la badante in nero che minaccia di fare una vertenza, non rispondere mai a telefonate o messaggi ammettendo l’assunzione in nero, in modo da non fornire prove che la badante potrebbe usare contro lo stesso datore di lavoro, e rispondere solo se dovesse arrivare una lettera di un legale o di un sindacato.
Per evitare questa trafila, nonché le minacce da parte della badante in nero che chiede soldi per evitare la vertenza, la migliore difesa è quella della regolarizzazione dell’assunzione di una badante in nero, riconoscendo alla lavoratrice ogni diritto previsto da Ccnl.
In genere, per fare una vertenza nei confronti del proprio datore di lavoro, la badante deve rivolgersi al sindacato di categoria che, a sua volta, raccoglie le prove necessarie fornite dalla badante a sostegno della sua denuncia e convoca il datore di lavoro per trovare una conciliazione.
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Vertenze badanti per crediti retributivi
Quando la badante si trova con stipendi non pagati o altre voci retributive in sospeso, come il TFR, la tredicesima o ferie non godute, potrebbe decidere di avviare una vertenza nei confronti del datore di lavoro.
In questo caso, è importante sapere che i crediti retributivi sono soggetti a prescrizione, di conseguenza la badante deve procedere alla richiesta entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Tuttavia, la prescrizione può interrompersi mediante atti scritti che evidenziano la richiesta di pagamento o se il datore di lavoro riconosce il credito stesso.
La notifica dell’atto di citazione in giudizio o qualsiasi altra richiesta formale che metta in mora il datore di lavoro sono considerate cause di interruzione dei termini di prescrizione.
Va notato che, a differenza dei lavoratori subordinati in generale, gli stipendi dei lavoratori domestici non devono necessariamente essere pagati con mezzi tracciabili. Tuttavia, è essenziale che il datore di lavoro dimostri il pagamento, ad esempio, chiedendo alla badante di firmare una ricevuta dei compensi. In mancanza di prova di pagamento, la lavoratrice ha il diritto di richiedere quanto dovuto.
Vertenze badanti: la richiesta degli arretrati e dei contributi INPS
La liquidazione o TFR, parte integrante della retribuzione differita della badante, matura mensilmente e può essere richiesta entro 5 anni dalla cessazione del rapporto. Le badanti hanno la possibilità di chiedere un’anticipazione del 70% della liquidazione annualmente. Nel caso in cui la badante in nero o comunque noti che la contribuzione INPS non è stata accreditata, può richiedere al datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali. I contributi si prescrivono in 5 anni, ma tale termine diventa di 10 anni se il lavoratore ha presentato una denuncia formale di omessa contribuzione all’INPS.
Contenzioso e badanti: come difendersi
Nel caso in cui non sia possibile raggiungere un compromesso tra il datore di lavoro e la badante, quest’ultima potrebbe decidere di rivolgersi ad un’autorità giudiziaria.
In caso di notifica di un atto giudiziario connesso a un ricorso, la presenza di un avvocato diventa imperativa per il datore di lavoro, poiché sarà necessario difendersi dinanzi al tribunale.
Nel ricorso, la badante espone dettagliatamente le sue rivendicazioni e elenca i testimoni che intende presentare al giudice. A sua volta, il datore di lavoro dovrà presentare la propria memoria almeno 10 giorni prima dell’udienza iniziale e citare almeno due testimoni che corroborino le proprie affermazioni. In sostanza, l’intera causa è delineata ancor prima della prima udienza, con il giudice monocratico che valuterà la congruità delle richieste basandosi sulle memorie e, se necessario, ascoltando i testimoni.
Il datore di lavoro deve valutare preliminarmente se le richieste della badante convivente sono fondate. In caso affermativo, è opportuno pianificare una strategia processuale che favorisca la conciliazione già nella prima udienza.
Attualmente, la prima udienza del processo è utilizzata per tentare la conciliazione, poiché il giudice dispone di una maggiore “capacità persuasiva” verso le parti. Nel caso in cui rilevi una scarsa disponibilità immotivata da parte di una delle parti, il giudice non esita a sanzionare tale reticenza nella sentenza finale. Questo potere discrezionale produce chiaramente effetti positivi. Va sottolineato che, a differenza del passato, si è abbandonata l’idea che “il lavoratore ha sempre ragione”. Il crescente numero di ricorsi del lavoro ha spinto i giudici a trattare la materia con un disincanto ideologico e pragmatismo. Non è raro che la badante ad ore non solo non veda riconosciute le proprie pretese, ma venga anche condannata a coprire le spese legali e processuali.
In definitiva, il datore di lavoro, considerato come vittima, è ora leggermente più tutelato dalla giustizia, pur rimanendo cruciale l’apporto di un avvocato esperto nel settore, in grado di conoscere le leggi da applicare al caso specifico per prevenire contenziosi inutili.
Articolo aggiornato al 15/01/2024