Esperienza di un badato

Intervista ad un “badato”

(Per tutelare la riservatezza dell’anziano a cui abbiamo posto delle domande, la seguente intervista, incentrata sulla quotidianità, sui servizi, e sui benefici dell’essere assistito da una badante, menzionerà l’anziano col nome fittizio di “Signor Mario” e la badante col nome di Sarah)

AES: Grazie mille per averci ospitati qui, da lei, oggi, Signor Mario!

Mario: Non c’è di che! Si figuri. Anzi mi fa molto piacere accogliervi.

AES: Mi dia pure del tu. Vorrei iniziare con una domanda a bruciapelo: si trova bene con la sua badante?

Mario: Molto. E’ ormai una presenza indispensabile per me.

AES: Perché è indispensabile – oltre che per le sue funzioni che svolge nella sua cura?

Mario: Sarah è diventata una figura mitologica nella mia vita: a metà tra una figlia e una mamma; non so come spiegarti. Prima quasi era imbarazzante per me, che tra qualche giorno compio 88 anni, rapportarmi e mostrarmi nelle mie fragilità. Mettermi a nudo, insomma, e dico “a nudo” alla lettera!

AES: Sotto che forma l’ha assunta?

Mario: Sarah è con me da 8 anni, è – mi pare – “badante convivente”. E’ venuta qui quando me la presentò una mia vicina di casa presso cui svolgeva qualche servizio; per circa un anno è stata a nero, poi ha deciso – anche spinta dai miei famigliari – di affidarsi ad un’agenzia badanti, e tramite questa è adesso regolarmente assunta.

AES: Quindi all’inizio si è fidato?

Mario: Beh sì, la mia vicina – che ora non c’è più – era una persona molto pignola e precisissima in tutto, quindi, ho pensato, se andava bene a lei a me andrà meglio di sicuro!

La decisione di assumere la badante

AES: Ha deciso lei di assumere una badante oppure i suoi famigliari?

Mario: Ho deciso io. Quando mia moglie è venuta a mancare – ormai più di quindici anni fa – mi sono accorto che questa casa era diventata una vera scatola vuota. Mi aggiravo per le camere, camminavo tutto il giorno per i corridoi, e non uscivo quasi mai; dicevo a me stesso sempre la stessa domanda: “dove vado?”…

AES: Ci sta descrivendo una scena di sofferenza, ed anche di depressione..

Mario: Assolutamente si. La perdita di mia moglie mi ha gettato nello sconforto. Ai figli – si sa – non si può mica dire tutto, e non volevo nemmeno gravare sulle loro vite, che già, ai tempi d’oggi, sono troppo esposte a casini di ogni tipo. Ho deciso di prendere con me una badante prima che decidessero gli altri.

AES: Ma è stata più una scelta di compagnia o una scelta fisiologica?

Mario: Entrambe le cose, direi. Avevo già avvertito un cambio brusco nella mia salute; non riuscivo più a fare le cose che facevo prima. Mi accorsi che se prima uscire mi era faticoso per motivi psicologici poi divenne sempre più faticoso fisicamente.

AES: Ma lei ha assunto Sarah quando era ancora autosufficiente oppure no?

Mario: Ho assunto Sarah quando ancora non sapevo di non essere autosufficiente!

AES: In che senso, mi spieghi meglio.

Mario: Vedi: io mi ero chiuso in casa. Avevo la mente annebbiata dai ricordi e dai dispiaceri; vivevo per lo più da solo; ed ho vissuto in questa situazione per anni. Nel frattempo il mio corpo accusava gravi colpi ma io ero distratto: pensavo a mia moglie che non c’era più. E mentre rinunciavo ad uscire, credevo di stare rinunciando perché ero depresso, e invece – oltre certamente ad un problema di depressione –, rinunciavo perché il mio corpo comunque non sarebbe stato in grado di fare scale, ed altro. Capito?

AES: Mi perdoni Signor Mario: cioè lei credeva di stare male psicologicamente e non si accorgeva, invece, che gli anni che passavano la stavano indebolendo sempre di più?

Mario: Esatto!

La famiglia del badato?

AES: E la sua famiglia cos’ha fatto?

Mario: Niente. Sembra brutto dirlo così ma non ha fatto niente. Né i miei figli né i miei nipoti. Non si sono accorti di questo malessere che mi stava prendendo. Anche perché, devo confessarlo, fingevo.

AES: In che senso fingeva?

Mario: Io nella mia vita sono stato un gran bugiardo, penso che si possano contare sulle dita della mano le volte in cui sono stato davvero sincero con qualcuno.

AES: E adesso, con noi, perché dovremmo crederle?

Mario: Beh, a chi mi pone questa domanda ora so come rispondere: chiedete a Sarah!

Comunque, con la mia famiglia fingevo di stare bene, che tutto andasse a meraviglia; pensi che una volta ho finto di andare a trovare mio fratello in Abruzzo.

AES: E le hanno creduto?

Mario: Si! Però ebbero il sospetto, tant’è che bussarono alla porta un pomeriggio ma io non risposi; anzi, chiamai mio fratello per dirgli che se avessero chiamato avrebbe dovuto rassicurarli.

AES: Ma lei ne pensa una più del diavolo!

Mario: No, no, io in fondo sono buono. Poi glielo confessai.

AES: E perché ha finto una cosa del genere?

Mario: Perché erano giorni particolarmente brutti per me, e davvero non mi andava di mostrarmi in quel modo, né di parlarne. Finsi una vacanza.

AES: E in tutto questo Sarah cosa c’entra?

Mario: Tutto! Quando Sarah venne da me i primi mesi, cominciò ad assistermi – e quasi non ero più abituato – , mi ricordo che una mattina preparò una pasta semplicissima: pasta con sugo. Credimi: appena l’ho assaggiata era come se fosse stata la prima volta! Poi: l’odore delle pulizie di casa. Con Sarah mi sono accorto che non mangiavo un piatto di pasta con sugo, preparato in casa mia, da anni! Fu allora che mi resi conto della gravità delle condizioni in cui ero piombato.

Il rapporto con la badante

AES: E’ un dramma comune. Ma vorrei ci spostassimo su un altro argomento: il suo rapporto con Sarah. Ce lo descriva.

Mario: E’ un rapporto di complicità. Posso dire, a fronte di ormai quasi 9 anni di convivenza, che siamo complici delle nostre vite. Come le dicevo i primi tempi è stata dura per me, aprirmi – in tutti i sensi – con una persona estranea; contare su una persona estranea nel cuore della notte, o nel bel mezzo di un malore. E’ stata dura: io avevo vissuto sempre autonomamente, senza chiedere mai niente a nessuno…

AES: …e forse proprio questo l’ha portata ad aggravare la sua situazione, non chiedendo aiuto a nessuno, nemmeno ai suoi famigliari…

Mario: Ma non lo facevo per altro, è che non volevo sentirmi di peso. Sarah mi ha fatto capire che non ero un peso. Ed è importante questo: il pomeriggio ora usciamo sempre, “ a braccetto”, e vedo altri signori e signore con badanti, ma molto spesso vedo anche come le badanti trattino i propri anziani: come dei pesi, sempre indaffarate a fare altro, a telefonare, ed altro. Insomma: uno schifo! Ed io avevo paura proprio di questo.

AES: Ma guardi che una badante è pagata proprio per restare il più possibile imparziale: è il suo lavoro assistere; è pagata per questo…

Mario: Ma un conto è dirlo, un conto è praticarlo. Non bastano i soldi per comprare la dedizione, e la cura: o c’è o non c’è. Io sono stato un uomo fortunato: Sarah è ormai come una figlia per me, e come una mamma. A volte si confida con me, facciamo le “videochiamate” con i suoi parenti in Albania, che ormai mi conoscono, ed anzi mi hanno promesso che verranno a trovarmi. Tanto qui lo spazio c’è…

AES: Posso farle una domanda scomoda?

Mario: Certo.

AES: La sua famiglia come ha preso la presenza di Sarah nella sua vita? Vedo da come ne parla che quasi è a tutti gli effetti un membro della sua famiglia, ed a volte questa situazione può destare gravi squilibri, e fraintendimenti.

Mario: Ho capito di cosa parli. Ti rispondo in modo altrettanto scomodo: non la presero bene; tutto d’un tratto vidi disponibilità ovunque, tutti pronti a darmi una mano, tutti pronti a farmi compagnia. Questa cosa non mi piacque. Certo fu anche colpa mia, non parlando mai, e non esternando mai il mio dolore, ma non ci fu nemmeno troppa attenzione da parte loro – e non gliene do una colpa, perché come ti ho detto, la vita oggi è frenetica. Però, col tempo, hanno capito che Sarah mi ha ridato una cosa che loro – pur volendo – non mi avrebbero potuto mai dare: una quotidianità. Io non l’avevo più, l’avevo persa; con Sarah l’ho ritrovata; ed anzi ci siamo ritrovati entrambi, pensa che la sera prima d’andare a letto ci diciamo le cose che non ci sono piaciute durante la giornata.

AES: In che senso?

Mario: E’ un nostro gioco. Che so? Magari, come ci ha risposto una nostra amica, o un nostro nipote; come ci siamo comportati l’uno con l’altra. Ci diciamo tutto prima di andare a letto.

AES: Signor Mario non è che lei è un po’ innamorato di Sarah?

Mario: Sono innamoratissimo di Sarah. Come un padre è innamorato di una figlia, e come un figlio è innamorato di una madre.

AES: Sicuri? E’ sincero?

Mario: Giuro! E poi chi lo sente Ivan!

AES: Ivan? E chi è?

Mario: E’ il fidanzato di Sarah, viene pure qui a pranzare qualche volta!

AES: Insomma ci pare di capire che lei adesso sta bene.

Mario: Si, ora sto bene. Grazie a Sarah, grazie alla mia famiglia, ed a mia moglie che non c’è più.

AES: L’intervista è finita. Cosa vorrebbe dire a sua moglie se adesso fosse qui?

Mario: Intanto grazie di questa bella intervista che m’avete fatto – mi so’ sentito n’attore! Poi: se mia moglie fosse qui le direi solo una cosa: che il sugo come lo faceva lei nun lo faceva nessuno.

AES: Ah! Grazie Mario! Alla prossima. Aspettiamo un tuo invito allora, anche insieme a Sarah.

Mario: Assolutamente si.