Badanti permesso soggiorno

La badante e il permesso di soggiorno

Purtroppo il tasso di persone che svolgono il mestiere, o meglio, “il lavoro” di badante è sempre più in aumento nelle persone non italiane (sebbene questo dato stia, di anno in anno crescendo).

Il fatto che persone definite “straniere” facciano questo lavoro – e che troppo spesso molti pregiudizi si annidino in queste figure soprattutto se proveniente dall’est – ha determinato anche una maggiore attenzione circa la regolare cittadinanza delle stesse, ed una correlazione non secondaria tra lavoro nero e clandestinità.

Si ricordi che lo status di clandestino sorge quando una persona giunge in Italia non regolarmente censita come abitante della cittadina italiana, e dunque è a tutti gli effetti una “latitanza civile”.

Il lavoro nero permette che queste persone operino “come fantasmi” nella società, tra le case della gente, e nulla emerga intorno ad esse.

Badante senza permesso di soggiorno: ci si deve tutelare?

L’assenza di permesso di soggiorno della collaboratrice domestica può essere il problema più grave per il datore. A differenza infatti di tutti gli altri illeciti appena visti, che comportano sanzioni di tipo civile (le differenze da versare alla colf) o amministrative (le somme da versare allo Stato e al centro per l’Impiego), chi assume una colf in nero senza permesso di soggiorno commette reato.

Premesso che ciò che diremo qui di seguito vale solo per le straniere, le regole sono però diverse a seconda dello Stato di provenienza della badante o della colf. Se questa proviene da uno dei Paesi dell’Unione Europea (27 in tutti) oppure dalla Svizzera, Norvegia, Islanda, Liechtenstein, l’assunzione avviene secondo le stesse regole dei cittadini italiani e quindi non è necessario richiedere il permesso di soggiorno.

Negli altri casi, in base al testo unico per l’immigrazione [2], il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze un lavoratore extraUe sprovvisto di permesso di soggiorno (non lo ha mai avuto, gli è stato revocato, oppure una volta scaduto non lo ha rinnovato) è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore irregolarmente occupato.

Potresti a questo punto pensare che assumere una colf in nero senza permesso di soggiorno possa essere una sicurezza ulteriore per il datore: questi infatti difficilmente rischierebbe una denuncia da parte della lavoratrice, che altrimenti sarebbe espulsa. Ma non è così. Con l’abolizione del permesso di soggiorno umanitario si è aperta una nuova strada per uscire dall’illegalità da parte della colf: questa, se presenza una denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato contro il datore di lavoro, può richiedere un permesso di soggiorno per “casi speciali”. Esso è rilasciato dal Questore su parere favorevole del Procuratore della Repubblica.

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