Badante fede

La Badante e la fede: un rapporto da indagare

E’ l’esperienza quotidiana di colf e badanti: solo in Italia circa un milione, nella maggior parte dei casi straniere e in moltissimi casi cristiane immigrate da Paesi dell’Est Europeo, dall’America Latina o dalle Filippine. Sono famiglia anche loro e un volto molto significativo oggi del cristianesimo globale, non solo nel nostro Paese. Non potevano, per questo, mancare al Convegno teologico pastorale in corso alla Fiera di Milano, dove ieri in una delle sessioni si è parlato anche del loro modo di vivere il rapporto con il lavoro e la festa. Tema delicato, perché chiama in causa anche diritti purtroppo in molti casi ancora negati. Cita la Convenzione 189 della Conferenza generale dell’Ilo, l’avvocato Armando Montemarano, presidente dell’Associazione italiana di diritto sociale.

La fede e la badante: la dignità della lavoratrice

 

Il primo testo che, l’anno scorso a livello di diritto internazionale, ha affrontato il tema del “lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici”. Un “lavoro invisibile – ricorda – , particolarmente esposto a discriminazione e in molti posti anche alla violazione dei diritti umani” E questa convenzione impone agli Stati di intervenire per prevenire fenomeni come la “tratta di esseri umani, l’eliminazione del lavoro forzato, e la protezione dei bambini e delle famiglie dei migranti”.

Piaghe che non toccano solo Paesi lontani; l’avvocato Montemarano cita le battaglie legali condotte in Italia per difendere badanti a cui – una volta morta la persona che assistevano – non sono più stati pagati gli stipendi arretrati. O addirittura sono state accusate falsamente di furto per non versare la liquidazione. Accanto al piano ineludibile dei diritti c’è, però, anche il volto della testimonianza cristiana in questo lavoro che mette in gioco l’incontro tra due famiglie: quella che ha bisogno di un sostegno e quella di chi svolge questo servizio, famiglia che magari si trova a migliaia di chilometri di distanza.

Il Convegno di Milano ieri è stato testimone anche della commozione di Nina Kaluska, ucraina di Leopoli, da quattordici anni in Italia: “Io ingegnere – racconta – sono venuta qui a lavorare come badante per permettere ai miei figli di studiare. Non sapevo nulla della vostra lingua; l’ho imparata portando a casa i foglietti dalle vostre chiese e mettendomi ogni sera a tradurli con il dizionario. I miei figli? Voi non potete immaginare quanto abbia pregato per loro in questi anni, quanto ho chiesto al Signore che in questa mia assenza non dimenticassero i valori che ho trasmesso loro. E anche adesso, mentre assisto la persona anziana che mi è affidata cercando.

“Come è bello vedere la colf e la persona a lei affidata (o magari addirittura tutta la famiglia), pregare insieme”, confida l’avvocato Montemarano, confermando anche lui come accanto alle situazioni difficili ci sia anche tanto Vangelo vissuto in queste storie. Piccole Chiese domestiche, cantiere di un incontro decisivo per il mondo di domani.

 

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