Rapporto badante convivente

Anziano: quando il rapporto con la badante viene frainteso

L’anziano è una persona fragile, e non è un caso che la psicologia più volte paragoni i ragionamenti dell’anziano ai ragionamenti del bambino, entrambi spingono la realtà alla propria portata, ed automaticamente perdono di vista l’oggettività della propria vita; tutto viene subordinato ai propri bisogni, ed anche la propria vita subisce questa subordinazione ai propri bisogni. Non c’è più il margine di scelta, ma il margine di bisogno, e questo è fortemente frustrante nella vita di una persona.

Il bambino, infatti, tende ad assimilare le figure femminili a figure simil materne, ed il bene femminile al bene simil materno: tutto ciò che è femmina è un po’ di mamma; all’inizio, per il bambino, tutte le donne sono in realtà, prima di tutto, mamme. Il bambino dice a sé stesso: “se io esisto, ogni donna può essermi madre” a prescindere dal fatto che ogni donna abbia o meno i propri figli.

Anche l’anziano ragiona così: l’anziano pensa che ogni figura femminile sia una figura che esiste o debba esistere “per sé”, le figure femminili che non fanno parte del proprio interesse, cioè che non rivolgono a lui l’attenzione, sono cose che non servono: automaticamente tutto l’affetto si polarizza su chi presta attenzione: o la figlia, o la badante, o – in alcuni casi – la mamma.

Però, proprio l’intrinseca ambiguità che la figura della badante porta in sé, genera uno spaesamento nella vita dell’anziano, così fragile, eppure così egoista: ma l’egoismo dell’anziano non è come l’egoismo del bambino, quest’ultimo è necessario per imporsi nel mondo, quell’altro è necessario perché il mondo si imponga su di lui, perché il mondo si interessi ancora di lui: il bambino vuole, invece, che sé stesso si interessi del mondo.

La relazione tra badante e badato è una relazione necessaria a entrambi: l’una perché senza non avrebbe i soldi per vivere, l’altro perché senza non avrebbe le possibilità di “sembrare” dignitosamente normale – poiché, purtroppo, l’anzianità cambia il concetto di normalità a cui per sessanta o settanta anni si è rimasti legati, ed ogni cambiamento è una pecca di esso.

Cosa fare, dunque, quando il badato si “affeziona” troppo alla badante?

Uno dei consigli che vengono dati è quello di rivolgersi all’anziano chiamandolo “papà”, non per fargli confondere le acque, o per generare quelle gelosie da parte della famiglia, vedendo nella badante una figura che vuole imbambolare il proprio caro al fine di farsi “intestare” qualcosa, bensì per ristabilire oggettività agli occhi dell’anziano, e mostrargli come la differenza di età si debba paragonare alla stessa differenza di età che c’è con una figlia; filtrare l’oggettività attraverso una finzione, attraverso un appellativo come “papà” capace di farlo rinsavire immediatamente, facendo rivolgere il pensiero a ciò che è giusto.

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