Intervista badante Clara

Intervista alla badante Janette

(si tenga presente che tutti i nomi ed i riferimenti presenti in questa in questa intervista sono puramente frutto della nostra fantasia, per tutelare la privacy delle persone coinvolte in questa intervista condotta da un nostro operatore AES e una badante che ha, previamente, acconsentito alla pubblicizzazione della conversazione)

 

Janette: Buonasera, prego.

AES: Grazie. E prima di tutto grazie per averci concesso il tuo tempo per questa breve intervista.

Janette: E’ un piacere poter parlare di quello che faccio, di soli non ne parlo mai.

AES: Iniziamo subito: perché non ne parli mai?

Janette: Perché a nessuno interessa la storia di una badante…

AES: E secondo te, perché non c’è alcun interesse sulle funzioni che svolge la badante in casa?

Janette: Beh credo certamente che sia un errore. Ormai le badanti lavorano sempre e ce ne sono tantissime, ignorare la badante è stupido.

AES: Ma le altre badanti ne parlano del loro lavoro?

Janette: No nessuno ne parla, e non se ne parla nemmeno tra badanti.

AES: Di cosa parlano le badanti?

Janette: Ma in questo condominio ci sono 4 badanti, ci conosciamo tutti, e più o meno, quando è possibile, ci siamo dati appuntamento in dati orari per far uscire i nostri anziani così da incontrarci.

AES: Questa è una bella cosa. Dove andate di solito?

Janette: Dopo una breve camminata, andiamo nel giardino condominiale che è il luogo a loro più familiare e migliore in cui stare, anche perché è coperto dal palazzo e non tira vento.

AES: Stavamo dicendo: di cosa parlate?

Janette: Ma di solito c’è una vergogna a parlare di quello che facciamo, eppure non so perché. Parliamo della nostra vita privata, e dei nostri paesi d’origine, delle nostre famiglie. Ma io mi trovo a disagio.

AES: Perché provi disagio a parlare di te?

Janette: Perché non  mi va, faccio altro…

AES: Spiegaci meglio…

Janette: Secondo me la vita privata nostra è comunque in comunicazione con la vita che facciamo come badanti, e le nostre famiglie d’origine si sono necessariamente più allargate: la famiglia in cui vivo è la mia famiglia d’origine.

AES: Ci stai dicendo qualcosa di davvero molto bello…

Janette: E lo so. Finché resteremo “noi badanti” “voi clienti”, non avviene integrazione, verremo viste sempre come delle straniere e basta.

AES: E secondo te come è possibile abbattere queste barriere?

Janette: In un solo modo.,..

AES: Spiegacelo…

Janette: Così…

 

AES: Così come?

Janette: Parlandone! Non bisogna stare in silenzio. Io so che le mie colleghe stanno intere giornate in silenzio, senza scambiare nemmeno una parola con il proprio caro…

AES: E questo a cosa porta?

Janette: Io li vedo molto tristi gli anziani, soprattutto quando ci vediamo poi in giardino…

AES: E secondo te com’è possbile abbattere questa tristezza…

Janette: Si deve smette di vedere questo lavoro unicamente come una cosa che ha a che fare con i soldi e con i vecchi. Le emozioni sono le cose che contano…

AES: Ci sembra di capire che tu non sia italiana…

Janette: No…

AES: Di dove sei?

Janette: Sono ungherese…

AES: Eppure hai un nome che sembra francese, come mai?

Janette: Perché mia madre era francese, e mio padre era ungherese…

AES: Strano di solito sono i maschi ad imporre il nome ai figli, in base ad alcune testimonianze che conosco, ma posso sbagliarmi…

Janette: E ti sbagli. Anche perché mio padre mi ha abbandonata quando non ero ancora nata…

AES: In che senso?

Janette: Scappò e lasciò mia madre con in grembo me, ed un’altra sorella più grande…

AES: Come hai vissuto la tua infanzia?

Janette: Benissimo, sono cresciuta in Ungheria, mia madre si manteneva facendo lavoretti saltuari, e poi anche io all’età di 15 anni mi sono data da fare

AES: Facendo cosa?

Janette: Aiutavo una mia zia in una fattoria. Mi svegliavo alle 5 di mattina, e tornavo a casa alle otto di sera, non avevo nemmeno il tempo di mangiare che mi addormentavo sul piatto, per poi risvegliarmi di nuovo alle 5 e così via, per 6 anni!

AES: Poi?

Janette: All’età di 21 sono venuta in Italia. Tutti venivano in Italia, alcuni nella speranza di un futuro radioso per poi ritrovarsi nelle strade; io, invece, grazie ad una mia amica che venne a studiare qui, intrapresi un’altra strada.

AES: Da quanto tempo fai la badante?

Janette: Ormai 5 anni…

AES: Sempre in questa casa?

Janette: No, io sono qui da qualche mese.

AES: E come ti trovi?

Janette: Molto bene ed anzi spero di continuare qui

AES: Qual è il messaggio che vuoi lasciare?

Janette: Parlare di più. Parlare perché è l’unico modo per affrontare certe cose.

AES: Grazie mille Janette. Janette: Grazie a voi.

 

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