Intervista a una badante, una professione molto delicata ed importante
In questo articolo vorremmo parlare dell’importante e delicata professione della badante attraverso l’esperienza diretta di una lavoratrice, probabilmente un’esperienza comune a molte altre badanti che lavorano nel nostro paese.
(Per tutelare la riservatezza dell’identità della persona con cui un membro del nostro team ha compiuto questa intervista sulla vita quotidiana, sulle impressioni, e sulla professione della badante, utilizzeremo il nome fittizio di Irina).
INDICE:
La badante come lavoro … perché?
AES: Ciao Irina, innanzitutto grazie per questa testimonianza che hai voluto dare circa la professione delicata della badante convivente. Dimmi: perché hai scelto questa professione e non altro?
Irina: Ciao! Ho scelto questa professione perché sin da piccola avevo avuto modo di stare, di vivere e di vedere cosa si potesse fare per assistere una persona anziana. Nella mia famiglia eravamo in tanti, per la maggior parte tutti maschi, mentre io, oltre che studiare, aiutava mia madre nelle faccende di casa, e soprattutto nel tenere compagnia e aiutare mia nonna che viveva con noi.
AES: Più o meno a che età hai iniziato o ti sei resa conto dell’importanza di questa convivenza con tua nonna?
Irina: Sin dall’età di 8-9 anni. Mia nonna era molto importante per tutti noi. E fino all’età di 21 anni si può dire che le ho fatto io da “mamma”.
AES: Caspita! Sono più di dieci anni!
Irina: Lo so. Mia nonna era di “pelle dura”. Ci lasciò all’età di 97 anni!
AES: Quando ti sei resa conto che tu, magari, eri importante per la vita di tua nonna.
Irina: Precisiamo. Io a quell’età mi limitavo a farle compagnia, ad accompagnarla fuori, a farla mangiare; per il resto ci pensava mia madre.
AES: Certo, prima di tutto eri sua nipote. Ma ti ha mai dato l’impressione di … non riuscire a stare senza di te?
Irina: Si. Me ne resi conto una sera. Avevo intorno ai 16 anni e dovevo uscire col mio fidanzatino. Mentre mi stavo preparando in camera mia, ho sentito che mi chiamava. Appena mi vide vestita “a festa” mi chiese dove stessi andando, e il perché non l’avessi avvisata. Voleva vedere la televisione con me…
AES: E tu, cosa le hai risposto?
Irina: Credimi, quella sera le spiegai che stavo uscendo e che non potevo farle compagnia; e immediatamente si rattristò in viso. Mi fece il broncio. Anche se voleva far finta di niente. Glielo dissi a mia madre, e mi rispose che la nonna voleva me.
AES: E cosa hai fatto?
Irina: Appena sono uscita e ho visto il mio ragazzo, mi sono immaginata mia nonna sola e triste in camera. Ho spiegato la situazione al mio ragazzo, e sono tornata subito a casa. Mi sono cambiata. Ho bussato alla sua porta e sono entrata..
AES: E tua nonna appena ti ha visto?
Irina: Mi sorrise come non mai. Credo che quel sorriso me lo porterò dentro per sempre. E se la penso, la penso sempre con quel sorriso lì!
AES: E’ davvero commovente quello che ci hai descritto…
Irina: Lo so. Viene da piangere anche a me. Ricordo che ci sedemmo sulla sua poltrona grandissima; anzi io su un bracciolo, e ci vedemmo la tv, io e mia nonna.
AES: Quindi, diciamo che la tua vocazione ti è giunta grazie a tua nonna?
Irina: Diciamo che io, comunque, studiavo e certo non era la mia prospettiva principale. E’ accaduto un po’ per caso.
L’arrivo in Italia, il problema della lingua e il lavoro di badante
AES: Tu sei in Italia da tanto?
Irina: Si. Io sono in Italia dal 1998, mio marito è italiano; anche io, ormai, sono per lo più italiana.
AES: Appena sei arrivata in Italia hai trovato subito lavoro?
Irina: No, assolutamente. Anche perché non conoscevo bene la lingua. Per fortuna, una mia amica, che viveva in Italia da anni, mi ha dato le prime dritte, e mi ha trovato lavoro in un bar. Il contatto con la gente mi aiutava ad imparare sempre di più e meglio l’italiano. Io, comunque, studiavo i libri di italiano, perché sapevo che senza non avrei mai potuto far niente.
AES: Una curiosità: tu mi ripeti spesso del tuo studio, ma cosa studiavi?
Irina: Io studiavo “Sociologia” all’Università …
AES: Hai finito gli studi?
Irina: No, purtroppo. Ed è una pecca. Ma nel mio paese erano momenti difficili, e l’opportunità di venire in Italia non era una cosa da poco o che si potesse fare tutti i giorni. E allora ho dovuto fare una scelta.
AES: Hai sofferto il distacco dalla tua terra?
Irina: All’inizio piangevo tutte le notti. Anche quando trovai lavoro. Chiudevo la saracinesca del bar con le lacrime agli occhi. Pensavo che mi sarei trovata sempre peggio, che non ne era valsa la pena.
AES: E ad oggi ne è valsa la pena?
Irina: Assolutamente sì. Anzi, la mia tristezza ho cercato di sfruttarla.
AES: In che senso?
Irina: Tornavo a casa, e cercavo di distrarmi da tutti quei brutti pensieri studiando l’italiano.
AES: Come riuscivi a studiare?
Irina: Io ho vissuto per 3 anni insieme alla mia amica, lei aveva un figlio che andava alle elementari, ed io, di notte, quando dormivano, prendevo di nascosto i libri del figlio e li leggevo.
AES: E per fare la badante ti è servito conoscere l’italiano?
Irina: Sì. Perché vivere con una persona anziana è prima di tutto riuscire a capire cosa ti viene chiesto. Anche perché, se non si capisce non si può ascoltare. Le persone hanno bisogno prima che di un’assistenza fisica un’assistenza emotiva.
AES: Bellissima riflessione Irina!
Irina: Grazie ma non è mia. L’ho letta su un giornale, è di un filosofo… Galimberti mi pare…
AES: Ora ti metti a fare pure la filosofa! Comunque, ora voglio farti delle domande sul presente: cosa fai adesso?
Irina: Adesso io sono una badante. Anzi la badante della Signora Maria.
AES: Come l’hai conosciuta?
Irina: In realtà non l’ho conosciuta. Dopo aver lavorato nel bar, e dopo aver imparato la lingua italiana, ho deciso di frequentare un “Corso OSA”, che ti forma proprio alle mansioni socio assistenziali, e poi ho contattato un’agenzia che mi ha messo in contatto con la famiglia della Signora Maria che cercava una badante.
La professione “regolare” di badante attraverso la selezione dell’agenzia badanti
AES: Quindi hai fatto tutto per via regolare; cioè, non a nero o “per amicizia”…
Irina: No, mi sono affidata a un’agenzia per tanti motivi…
AES: Dimmi il più importante…
Irina: Intanto il fatto che prima di mandarmi in quella casa sono stata “esaminata”, e questo è stato un bene, perché non tutte le badanti sono in grado di badare a persone che abbiano determinate patologie; quindi mi sono assicurata prima di tutto “su che cosa” andassi a fare. E poi, perché, sul piano fiscale non volevo grattacapi, non volevo problemi, né tanto meno volevo darne. Insomma: per essere tutelata sia io che la famiglia della Signora Maria.
AES: Come ti trovi?
Irina: Benissimo, davvero. So ormai quello che devo fare, e vengo qui quasi come se venissi a casa mia.
AES: Qual è il tuo servizio? Stai qui H24, oppure solo il giorno, o solo la notte?
Irina: Il mio contratto con l’agenzia è quello di badante di giorno…
AES: E riesci a vivere con questo stipendio?
Irina: A vivere chi ci riesce col suo stipendio? I soldi sempre pochi sono…
AES: Ah! Oramai conosci anche i proverbi italiani
Irina: Ma io sono italiana!
AES: Parlaci del tuo rapporto con la Signora Maria.
Irina: La Signora Maria all’inizio, devo dire la verità, non si fidava tanto di me. Sì, è sempre stata educata e gentile con me, ma sempre con distacco. Poi c’è stato un momento in cui un giorno avevo finito il turno delle mie ore; al termine veniva la figlia, ovvero, ci davamo il cambio. Quella volta chiamò per avvisare che avrebbe fatto ritardo di un’oretta, durante la quale la Signora Maria sarebbe rimasta sola. Ma non era questo il problema perché la Signora è quasi autosufficiente; il fatto è che la vidi triste. Mi tolsi il cappotto, mi sedetti vicino a lei, e le dissi che avrei visto la televisione insieme a lei fin quando non fosse arrivata la figlia. Mi sorrise tantissimo. Da allora è quasi una mamma per me.
AES: Un po’ com’è successo con tua nonna!
Irina: Bravissimo! Proprio così.
AES: Grazie mille, Irina, per questa piccola ma importante testimonianza.
Irina: Grazie a voi.
AES: Ci saluti tanto la Signora Maria!